I carati sono sinonimo di valore, purezza dell'oro e delle pietre preziose, eppure in realtà si tratta di comuni semi usati dagli agricoltori.
Nulla potrebbe apparire più distante da un diamante purissimo o da un prezioso collier, ma l'origine dell'unità di misura impiegata nel mercato dei preziosi è rintracciabile nella pianta di carrubo, nota nel mondo arabo con il nome di qirat.
L'assonanza tra l'antico termine arabo e l'unità di misura è evidente ed è facilmente spiegabile: si riteneva che i semi della pianta fossero a tal punto regolari da costituire un'unità di misura, quantificabile in circa un quinto di grammo.
L'origine del carato è suggestiva, pur tuttavia appare legata al passato, dal momento che attualmente le misure sono decisamente più precise...e forse meno poetiche.
Al giorno d'oggi il carato è impiegato per diversi scopi, tutti legati all'esigenza di quantificare il grado di preziosità dell'oro e delle pietre dure.
Il carato è infatti l'unità impiegata per quantificare la grandezza dei diamanti e, insieme a purezza, colore e taglio, ne determina la valutazione finale.
Il carato anche è utilizzato nel mondo dell'oreficeria, dal momento che consente di misurare la purezza dell'oro nelle leghe auree.
Andiamo quindi ad approfondire la conoscenza delle diverse carature dell'oro, dai 24 carati che sono associati al prezioso materiale allo stato puro, ovvero a 999 grammi d'oro su un totale di 1000 grammi, a quelle meno preziose, ma certamente più diffuse.
Una delle carature più utilizzate per i preziosi che compriamo è, infatti, quella di 18 carati, sia per ragioni economiche sia pratiche dal momento che l'oro purissimo ha il grande difetto di non essere solido, senza però dimenticare che proprio nella sua eccezionale malleabilità risiede uno dei motivi del successo di questa ricercata materia prima, tanto amata da uomini e donne.